Nelle prime ore del mattino, quando inizio la mia giornata da pendolare, il panorama e la popolazione che mi circonda è più o meno sempre lo stesso.
Il buio ricopre ancora ogni cosa e i pochi fruitori si riducono a qualche operaio del primo turno ad alcuni muratori, intenti a raggiungere il cantiere. C'è qualche infermiere, e i più finiscono il loro turno notturno, con tanto sonno sugli occhi e poca voglia di parlare.
Uno scenario ben diverso da quello del rientro, tra vagoni affollati e i mille disguidi ferroviari. Un'avvio di giornata blando, meno chiassoso, sicuramente più consono per una delle mie solite giornate lavorative, sempre frenetiche.
Quest'oggi però, in una delle tante stazioni che tocco prima di arrivare a destinazione, sale e si siede in un posto poco lontano una giovane ragazza, dall'aria dimessa, stanca. L'abbigliamento era del tutto anonimo, e l'acconciatura, raccolta in una treccia lunga a raggiungere le scapole, non si prestava ad attirare l'attenzione. Chiunque sarebbe passato oltre, non l'avrebbe notata, se dalle cuffie del suo smartphone non fuoriscissero melodie per nulla remissive. Rullate possenti, riff indiavolati, che duettavano con una voce acuta e furiosa, in un ritmo intenso e persistente. Non c'era dubbio alcuno: Metal, metal che usciva da quei piccoli auricolari in tutta la sua possanza. Avrei voluto chiedere cosa stesse ascoltando, incuriosito com'ero da quelle sonorità familiari, eppure troppo disturbate dallo stridio del vagone, ma la mia timidezza, come sempre, mi ha tenuto legato al mio posto. Posso solo augurarmi che quelle note guidino questa giovane, e l'aiutino a vivere al meglio ogni istante della sua giornata.
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