A volte capita, inaspettatamente, di ripercorrere le sensazioni
del proprio passato, quando si cerca di descrivere, per voce dei
propri personaggi determinati momenti, eventi o anche semplici fatti
della vita. Le tue creazioni si trasformano in propaggini del tuo io,
una proiezione, più o meno distorta, del tuo vissuto. Come non
sfruttare quindi, per un noir intriso di sangue e violenza, i miei
ricordi al poligono di tiro, durante il mio periodo trascorso al
servizio di leva?
Inquadrato ben presto come graduato mi ritrovai in diverse
occasioni al poligono di tiro a sparare con diverse armi, in
particolare con la pistola d'ordinanza dell'epoca, una Beretta 1934,
una calibro 9 corto, con caricatore a sette colpi, dalle prestazioni
non certo esaltanti.
Eppure quell'arma dall'aspetto e dal peso insignificante, mi aveva
dato una sensazione ben diversa rispetto ai fucili, come il Fal o il
Garand e persino dal mitragliatore MG42 utilizzato nelle precedenti
esercitazioni.
Il fatto di sparare a un bersaglio relativamente vicino, con un
oggetto piccolo, ma nondimeno letale, faceva percepire sensazioni
contrastanti. La figura umana, rappresentata dalla sagoma, ricordava
fin troppo bene, lo scopo delle sessioni di tiro: addestrarsi ad
uccidere qualcuno.
In tempo di pace un'affermazione del genere può far sorridere, ma
credetemi, maneggiare un'arma e rivolgerla, con convinzione, verso un
bersaglio con l'intento di colpire la testa o il busto, con chiara
indicazione di colpire i punti vitali, non è cosa da poco per chi è
contrario alla violenza.
Figurarsi se poi tali esperienze le devo indurre, nella mente e
nelle mani, di un pazzo furioso?
Come minimo, si gratificherà, a dismisura...
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